Il nostro percorso

sabato 28 febbraio 2009

19 febbraio 2009 Jakarta - Yogyakarta

Facciamo colazione assieme ai canadesi alle 6.30 per poter prendere un taxi alle 7.00 per andare alla stazione di Gambir a prendere il treno per Yogyakarta. Sul percorso passiamo nelle zona del centro di Jakarta e vediamo il gigantesco monumento all'ex dittatore Sukarno, che ha dominato con il pugno di ferro l'indonesia per più di 30 anni. Il monumento, una specie di obelisco di 132m, anche denominato Monas, domina l'immagine del centro di Jakarta, viene anche chiamato scherzosamente “l'ultima erezione di Sukano”. Il traffico già a questa ora, come ci era già stato preannunciato, è caotico ma riusciamo ad arrivare alla stazione con sufficiente anticipo per comperare i biglietti ed attendere il treno che parte con 30 min. di ritardo. Il treno visto dall'esterno sembra una “vecchia carretta” ma l'interno è confortevole e pulito. Unico inconveniente il nostro finestrino è rotto, colpito probabilmente da un sasso! Il nostro vagone, di prima classe, come tutto il resto del treno, è semivuoto per cui ci possiamo sistemare comodamente dove vogliamo. Lentamente lasciamo prima il centro e poi l'interminabile periferia di questa città nelle quale non abbiamo trovato veramente niente di attrattivo e mostrandoci un enorme problema di smaltimento dei rifiuti. Dappertutto, lungo le strade, la ferrovia e nei canali vengono gettati i rifiuti di tutte le specie lasciando, oltre all'aspetto poco edificante anche un odore poco appetitoso! Il problema, a parte Singapore, è quello di tutti i paesi asiatici visitati finora; ma qui a Jakarta ci sembra più grave. Naturalmente Jakarta, con ca. 10 milioni di abitanti, in continua crescita ed un clima tropicale non ha i migliori presupposti per risolvere tanto facilmente il problema. Lascito Jakarta e le città vicine di Bogor e Bandung ci inoltriamo verso la zona a sud dell'isola di Java attraversando una regione montagnosa.. Il paesaggio è molto bello e caratterizzato dal verde della foresta e della piantagioni con il riso appena germogliato. Siamo ancora nella stagione delle piogge e cosi la vegetazione risplende di un verde lussureggiante quasi irreale. Noi ci accontentiamo di fare qualche foto attraverso il vetro sporco del vagone climatizzato! Durante il viaggio ci servono addirittura un pranzo e del thè a volontà. Verso le 16 con il ritardo iniziale di ca. 30 minuti arriviamo alla stazione di Yogyakarta. Noi abbiamo già l'indirizzo di un guesthouse dove vogliamo andare per cui riusciamo facilmente ad evitare i soliti procacciatori di turisti. Alloggiamo nel Losmen Setia Kawan una vecchia casa coloniale con decorazioni artistiche multicolore in stile batik, a poca distanza dalla stazione ma in una zona tranquilla Per 20Fr riceviamo la camera più lussuosa, l'ultima ancora disponibile dopo quella attribuita ai nostri compagni di viaggio canadesi. Abbiamo tutto quanto si può desiderare e un televisore con lo schermo piatto di più di un metro di diagonale; peccato solo che non abbiamo il tempo per nemmeno accenderla! Con Marry e Saeed usciamo poi a fare un giro per la zona centrale della città, con la moschea e con i numerosi negozi di articoli fatti con le decorazioni batik, la vera specialità della regione. A cena andiamo a finire nel solito ristorante cinese dove troviamo oltre a tutte le specialità asiatiche anche la birra che nei ristoranti mussulmani non si trova! Discutendo con Marry e Saeed veniamo a sapere che hanno un visto di soli 7 giorni e che quindi fra due giorni al massimo dovrebbero rinnovare. Decidiamo quindi di noleggiare assieme per domani un taxi con autista e di farci portare, oltre che a visitare i templi di Borobodur e di Pranbanan anche all'ufficio immigrazioni dell'aeroporto per prolungare il visto indonesiano. Poi dopo aver fatto un nuovo giro nel centro, aver visitato una libreria per comperare una cartina geografica finiamo, quasi contro voglia, in una esposizione di pitture batik. Qui ci coccolano, ci servono il thè credendoci dei turisti danarosi; ma alla fine per loro delusione, ma con nostra dura lotta, riusciamo ad uscire senza comperare niente.

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